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Varroa destructor: è ancora “il” problema! O no?

Varroa destructor: è ancora “il” problema! O no?

a cura dell’ufficio comunicazione
Gruppo Paritetico Cooperativo VolAPE

Il Centro di Referenza Nazionale per l’Apicoltura, diretto dal dr.Franco Mutinelli, che opera per conto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali presso l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, con un encomiabile spirito propositivo ha emanato la scheda tecnica “Linee Guida per il controllo dell’infestazione da Varroa destructor Anderson and Trueman.

Il documento riepiloga, in modo esaustivo e professionale, i prodotti autorizzati e le tecniche complementari consigliate, oggi disponibili per gli interventi terapeutici di controllo della varroasi.

Il documento è un importante strumento tecnico che va letto con attenzione e diffuso con impegno.

La sua lettura, però, evidenzia la criticità del problema “Varroa” che, oggi, dopo oltre trenta anni dal suo arrivo in Italia, non ha ancora trovato una soluzione definitiva che sappia coniugare le legittime aspettative del mondo apistico: efficacia, sostenibilità economica e sicurezza alimentare.

I prodotti disponibili, pur registrando una “certa” efficacia non sempre, però, accompagnata da una adeguata affidabilità, sono carenti in tutte e tre le aspettative. Sono generalmente costosi (a volte in maniera esagerata e non giustificata – vedi Api Bioxal), con un’efficacia troppo variabile e condizionata da fattori non controllabili, come le condizioni meteo e di temperatura di utilizzo (vedi prodotti a base di oli essenziali e di acido formico) e, a volte, non proprio compatibili con un’apicoltura da “tolleranza zero” per quanto riguarda gli effetti collaterali rappresentati dai residui chimici.

Le tecniche apistiche, ausiliarie o complementari che siano, sono frutto di prove di campo affidate generalmente ad Associazioni e/o apicoltori intraprendenti che, al limite dell’usurpazione della professione, indagano, provano, testano soluzioni che possano rendere un po’ più agevole la vita dell’apicoltore e delle sue api.

La situazione, poi, non è certamente facilitata dal quadro clinico che generalmente accompagna l’infestazione da Varroa. Virus, sofferenze della covata, comportamenti sociali “anomali”, oggi si manifestano sempre con maggiore intensità e virulenza, divenendo, addirittura, in molti casi, causa di perdite ingenti di patrimonio apistico.

In questo quadro difficile, che si inserisce in un contesto certamente non favorevole (vedi difficoltà a produrre, questioni avvelenamenti e furti, crisi congiunturale che colpisce prodotti non di prima necessità come il miele, etc.), la risposta attesa è un enorme sforzo comune che sia indirizzato, prevalentemente, verso il problema principale che, a nostro avviso, ancora oggi è rappresentato dalla Varroa.

Le Istituzioni, le Organizzazioni di settore e, soprattutto, il mondo della ricerca dovrebbero tutti impegnarsi a trovare nuove formulazioni terapeutiche con le giuste caratteristiche, a definire protocolli di tecnica apistica testati con valenza scientifica, ad individuare le strade da seguire per un apicoltura sostenibile in grado di difendersi dall’aggressione dei patogeni senza più ricorrere ad alchimie chimiche.

In particolare, noi riteniamo indispensabile accelerare, per non dire avviare, le attività di ricerca in materia di tecnica apistica e di genetica, che sono le direttrici di riferimento per il futuro dell’apicoltura. Studiare soluzioni “praticabili” di controllo della covata per ottimizzare l’intervento terapeutico vero e proprio, magari anche riducendone il livello di invasività, e promuovere il miglioramento genetico delle api ligustiche allevate nei nostri areali, privilegiando il carattere della rusticità, della capacità di accumulare scorte, di forte equilibrio sociale ed esaltando, nello stesso tempo, gli ecotipi fortemente adattati ai vari territori (montano, appenninico centrale, della fascia adriatica, etc.), è indispensabile per partecipare fattivamente alla costruzione dell’apicoltura del domani.

Va bene impegnare risorse finanziarie e professionali per incentivare le produzioni alternative, per la formazione di nuovi apicoltori, per studiare l’effetto della chimica in agricoltura, per controllare velutina ed aethina, ma non ci dobbiamo dimenticare mai che se non risolviamo, una volta per tutte, ed in maniera adeguata, il problema Varroa, il futuro dell’apicoltura non sarà mai certo.

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